I Turcs tal Friûl

I Turcs tal Friûl

venerdì 27 luglio, ore 21.00
Antica chiesa di Santa Croce, Casarsa della Delizia (PN)

lettura scenica

coordinamento e regia di Massimo Somaglino e Fabiano Fantini

in collaborazione con il Centro Studi Pier Paolo Pasolini e Teatro Club Udine

per la rassegna LUSIGNIS del Comune di Casarsa dlela Delizia

con

Luca Altavilla

Fabiano Fantini

 Daniele Fior

Renato Rinaldi

Marta Riservato

Marco Rogante

Massimo Somaglino

Aida Talliente

Nel 1978 il Gruppo Teatro Lavoro di Venezia presentò per la prima volta a Casarsa il dramma teatrale di Pasolini, che narra una vicenda di storia tutta casarsese, rimasta nella memoria collettiva di questa comunità. A distanza di 40 anni verrà riproposta una lettura scenica basata sul testo definitivo, dopo un’attenta comparazione tra i diversi manoscritti dell’opera, che la curatrice Graziella Chiarcossi pubblicherà prossimamente. Nella suggestiva ambientazione della Glisiuta di Santa Cròus vedremo buona parte degli attori impegnati nell’allestimento scenico del 1995 che aveva la regia di Elio de Capitani: Massimo Somaglino, Fabiano Fantini, Luca Altavilla, Renato Rinaldi, Marco Rogante, Marta Riservato, Aida Talliente, Daniele Fior.

Nell’antica chiesa di Santa Croce si trova la lapide votiva che ricorda l’invasione turca del 1499, vicenda da cui Pier Paolo Pasolini trae ispirazione per la stesura del dramma teatrale in friulano I Turcs tal Friúl. La chiesa di Santa Croce, col trepido diminutivo di glisiut, che le fu attribuito dopo che ebbe perso il ruolo di chiesa principale, rimane per Pasolini legata al mistero della fede pura e antica del mondo contadino.

Crist pietàt dal nustri pais.

No par fani pì siors di chel ch’i sin

No par dani ploja
No par dani soreli.
Patì çalt e freit e dutis li tempiestis dal seil al è il nustri distìn. Lu savìn.
Quantis mai voltis ta chista nustra Glisiuta di Santa Cròus i vin ciantàt li litanis, parsè che Tu ti vedis pietàt da la nustra çera!
Vuei i si ‘necuarzìn di vèj preàt par nuja:
vuei i si ‘necuarzìn qe tu ti sos massa pì in alt da la nustra ploja e dal nustri soreli e dai nustris afàns.
Vuei a è la muart c’a ni speta cà intor.

Ritratto del Leone Williw The Lion Smith

Parco di S. Osvaldo Udine, via Pozzuolo 330 ore 21.00

per la rassegna estiva di TSU Teatro Sosta Urbana

 

RITRATTO DEL LEONE

Willie “The Lion” Smith

 

voce, suoni, effettiAida Talliente

fender rhodes, organo, synthkorg ms20  Giorgio Pacorig

live painting Cosimo Miorelli

 

Tratto daRitratto del Leone Willie “The Lion” Smith’ di AmiriBaraka

Una produzioneHybrida Space

 

 

“Li ho suonati tutti

barrel house, ragtime, blues,

dixieland, boogie woogie, swing,

bebop, bop, persino classica.

Non fa la minima differenza

il nome che i critici o i giornalisti musicali

ci appiccicano sopra.

E’ tutta musica ed è tutta un’espressione dell’animo umano”.

Willie “The Lion” Smith

 

RITRATTO DEL LEONE

“Ragtime significa: musica suonata da chi non conosce la tastiera del piano. Il suonatore di ragtime stuzzica i tasti facendo ciò che gli viene in mente perché è fanatico, presuntuoso e molto aggressivo, fino a quando non arriva qualcun altro e si mette a suonare davvero. Allora egli diventa docile come un agnello. Ora, la differenza tra il suonatore di ragtimee un pianista vero, sta nell’aver dimestichezza con le progressioni eil sapersi muovere con entrambe le mani”.

Willie “The Lion” Smith, il suo piano, la sua musica, le sue funamboliche esecuzioni e non solo, raccontate attraverso quadri sonori, in cui le sue parole, la poesia di AmiriBaraka,i rumori dell’ambiente e una musica che a volte arriva all’urlo, costruiscono situazioni diverse, frammenti di vita. Un film sonoro in cui le sue composizioni vengono “usate” in modo libero;scomponendole, rielaborandole eintrecciando stili diversi dal blues al ragtime e all’elettronica, cosi come lui faceva con ogni melodia.

Tutto questo ci apre una domanda a cui non abbiamo ancora trovato risposta: “Ma cosa abbiamo mai tanto da urlare se urlare, il più delle volte, non serve a niente?”

Il mondo sarà sempre pieno di cinguettatori, ruttatori, saltimbanchi e vecchi cialtroni con i loro pifferi rotti a scorrazzare per le strade delle città.

Abitiamo la domanda.

AISHA (un frammeto d’Africa)

mercoledì 4 luglio ore 21.00 

Auditorium “Elio Venier”, Pasian di Prato (Ud)

 

AYSHA (un frammento d’Africa)  

Patrocinato da Amnesty International

Primo premio al concorso Dodici donne Lazio 2010

Primo premio al concorso di Poesia, prosa e arti figurative A. Musco Messina

 

Quona maso n’cono n’cudeka”

Ci vuole pazienza per riuscire a guardare negli occhi della lumaca

 

Il progetto nasce da una storia vera. Il racconto è dedicato ad una ex ragazza soldato che vive in Costa d’Avorio e che ho conosciuto lavorando al progetto di un’operatrice che da anni si occupa delle ragazze vittime della guerra in Africa.

É anche il desiderio di elaborare uno studio sulla figura di Medea intesa come archetipo: donna sapiente che viene sradicata dalla sua terra concreta e mitica, per essere portata in un luogo senza centralità ed umanità, ed esserne poi, bandita. Questa Medea nasce da un mare di carta stracciata, da rive abbandonate e da un deserto di macerie ed immondizia. Racconta la sua storia ad una bambola-figlia costruita con la stessa immondizia e le due “donne”, la madre e la figlia iniziano un viaggio attraverso i ricordi. Aysha, come Medea, arriva a compiere l’infanticidio distruggendo la sua piccola bambola, come chi non è più soltanto vittima della violenza ma ne diventa complice e partecipe. Ma c’è per lei una salvezza alla fine…

Lo spettacolo è patrocinato da Amnesty International e cerca di sostenere il progetto “Ripartire” di Lisa Candotti, progetto di reinserimento e riavvio al lavoro per le ex ragazze soldato delle città di Abidjan e Bouakè.

 

Giovanna d’Arco

Si concludono le riprese per lo Spettacolo su Giovanna d’Arco…

Vi aspettiamo a settembre a Pordenone!!

Lady Sings The Blues dedicato a Billie Holiday

Auditorium S. Pertini presso la Biblioteca Comunale di Ronchi dei Lgionari

Androna Palmada, 1, 34077 Ronchi dei Legionari GO ore 20.45

 

Lady sings the blues

L’autobiografia  di  Billie  Holiday

Spettacolo concerto

“Mi hanno detto che nessuno canta la parola “fame “e la parola “amore” come la canto io. Sarà perché so cosa hanno voluto dire queste parole per me; e quanto mi sono costate…”

 

Una donna. Un gruppo di musicisti seduti accanto a lei. Vecchi microfoni, vecchi dischi sparsi, sedie accatastate, bicchieri qua e là. Una scritta luminosa che scende dall’alto: “ON AIR”. Siamo in un luogo intimo, una stanza, forse la sala di una vecchia radio anni 50. Dalla penombra e dal silenzio nasce una musica, una canzone suonata da un giradischi. E’ “Strange Fruit” di Billie Holiday. Ad un tratto si sentono alcune parole confuse, un colpo di tosse e la risata di una voce roca, rotta.  E’ lei che parla: la donna.

“Il mio più grande sogno è…”, così la donna inizia il suo racconto, come fosse l’ultima intervista, l’ultimo “canto” della sua vita. Il racconto parte dalla fine, come un viaggio a ritroso nel tempo attraverso i suoi ricordi passati e dopo questo breve inizio è la musica della band a strappare il silenzio e ad accompagnarci nei sobborghi di Baltimora, nei jazz club di tutta New York, nelle città da una costa all’altra dell’America e negli anni tormentati delle violenze razziali. Attraverso parole ruvide e confidenziali la donna parla al pubblico, parla ai suoi musicisti che costantemente dialogano con lei attraverso i loro strumenti, ride, si commuove, racconta di sua madre e di suo padre, dei successi, dei suoi amori vissuti come su un campo di battaglia, delle droghe, di tutti i penitenziari in cui è stata rinchiusa più volte. Racconta con rabbia delle ingiustizie razziali, dei linciaggi e di quei “frutti amari”, quegli “strani frutti” che pendevano dagli alberi del Sud. E’ dentro questo mondo che nasce la voce di Billie Holiday, quella voce che più di ogni altra è riuscita a raccontare con sincerità ogni sorta di esperienza vissuta. Quella voce così “meravigliosamente umana” e piena di franchezza che diventa l’urlo di un cane randagio, l’urlo dell’amore e della fame, l’urlo di ogni cicatrice che segna il corpo e il cuore, l’urlo delle tante strade percorse. Urlo e Canto divisi da una linea molto sottile, ed è dentro questa linea che nasce fragile e bellissimo il suo blues.

 

testo  Aida Talliente

coordinamento musicale  Simone Serafini

la band

Mirko Cisilino tromba/trombone

Filippo Orefice sax tenore/clarinetto

Giulio Scaramella Pianoforte

Simone Serafini contrabbasso

Alessandro Mansutti batteria

 

disegno luci Luigi Biondi

 

Tratto da:

“Lady sings the blues” (l’autobiografia di Billy Holiday) e Strange Fruit”

 

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