Nata dall’incontro tra l’attore e autore Andrea Trapani e la drammaturga e regista Francesca Macrì, la compagnia Biancofango sviluppa, nel corso di più di dieci anni d’attività, una ricerca nel segno della nuova drammaturgia e delle nuove forme di scrittura scenica. Da In punta di piedi a Porco mondo, il duo si è fatto conoscere per le sue fini capacità narrative e per aver trovato un punto d’equilibrio tra corpo e testo, tra scrittura e attorialità. Io non ho mani che mi accarezzino il viso (titolo che la compagnia ‘ruba con amore’ a una poesia di David Maria Turoldo e a una sequenza di fotografie di Mario Giacomelli, per definire una cornice, un perimetro più che un reale contenuto) nasce da una domanda posta ai due attori che abitano la scena (Aida Talliente e lo stesso Trapani): «Qual è il personaggio della letteratura teatrale la cui fragilità sembra riguardarti? Le cui parole potresti dire anche tu, in quanto persona e non in quanto attore?». Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, Woyzeck di Büchner, Arkadina di Cechov, in risposta a questo iniziale quesito, animano uno spettacolo dal gusto pirandelliano in cui personaggi, attori e persone si sovrappongono senza continuità di causa. Tre solitudini che si incontrano, tre fragilità poste in un dialogo immaginario ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Fino a non sapere più dove finisca il teatro e inizi la vita.
Nata dall’incontro tra l’attore e autore Andrea Trapani e la drammaturga e regista Francesca Macrì, la compagnia Biancofango sviluppa, nel corso di più di dieci anni d’attività, una ricerca nel segno della nuova drammaturgia e delle nuove forme di scrittura scenica. Da In punta di piedi a Porco mondo, il duo si è fatto conoscere per le sue fini capacità narrative e per aver trovato un punto d’equilibrio tra corpo e testo, tra scrittura e attorialità. Io non ho mani che mi accarezzino il viso (titolo che la compagnia ‘ruba con amore’ a una poesia di David Maria Turoldo e a una sequenza di fotografie di Mario Giacomelli, per definire una cornice, un perimetro più che un reale contenuto) nasce da una domanda posta ai due attori che abitano la scena (Aida Talliente e lo stesso Trapani): «Qual è il personaggio della letteratura teatrale la cui fragilità sembra riguardarti? Le cui parole potresti dire anche tu, in quanto persona e non in quanto attore?». Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, Woyzeck di Büchner, Arkadina di Cechov, in risposta a questo iniziale quesito, animano uno spettacolo dal gusto pirandelliano in cui personaggi, attori e persone si sovrappongono senza continuità di causa. Tre solitudini che si incontrano, tre fragilità poste in un dialogo immaginario ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Fino a non sapere più dove finisca il teatro e inizi la vita.
Nata dall’incontro tra l’attore e autore Andrea Trapani e la drammaturga e regista Francesca Macrì, la compagnia Biancofango sviluppa, nel corso di più di dieci anni d’attività, una ricerca nel segno della nuova drammaturgia e delle nuove forme di scrittura scenica. Da In punta di piedi a Porco mondo, il duo si è fatto conoscere per le sue fini capacità narrative e per aver trovato un punto d’equilibrio tra corpo e testo, tra scrittura e attorialità. Io non ho mani che mi accarezzino il viso (titolo che la compagnia ‘ruba con amore’ a una poesia di David Maria Turoldo e a una sequenza di fotografie di Mario Giacomelli, per definire una cornice, un perimetro più che un reale contenuto) nasce da una domanda posta ai due attori che abitano la scena (Aida Talliente e lo stesso Trapani): «Qual è il personaggio della letteratura teatrale la cui fragilità sembra riguardarti? Le cui parole potresti dire anche tu, in quanto persona e non in quanto attore?». Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, Woyzeck di Büchner, Arkadina di Cechov, in risposta a questo iniziale quesito, animano uno spettacolo dal gusto pirandelliano in cui personaggi, attori e persone si sovrappongono senza continuità di causa. Tre solitudini che si incontrano, tre fragilità poste in un dialogo immaginario ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Fino a non sapere più dove finisca il teatro e inizi la vita.
Nata dall’incontro tra l’attore e autore Andrea Trapani e la drammaturga e regista Francesca Macrì, la compagnia Biancofango sviluppa, nel corso di più di dieci anni d’attività, una ricerca nel segno della nuova drammaturgia e delle nuove forme di scrittura scenica. Da In punta di piedi a Porco mondo, il duo si è fatto conoscere per le sue fini capacità narrative e per aver trovato un punto d’equilibrio tra corpo e testo, tra scrittura e attorialità. Io non ho mani che mi accarezzino il viso (titolo che la compagnia ‘ruba con amore’ a una poesia di David Maria Turoldo e a una sequenza di fotografie di Mario Giacomelli, per definire una cornice, un perimetro più che un reale contenuto) nasce da una domanda posta ai due attori che abitano la scena (Aida Talliente e lo stesso Trapani): «Qual è il personaggio della letteratura teatrale la cui fragilità sembra riguardarti? Le cui parole potresti dire anche tu, in quanto persona e non in quanto attore?». Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, Woyzeck di Büchner, Arkadina di ?echov, in risposta a questo iniziale quesito, animano uno spettacolo dal gusto pirandelliano in cui personaggi, attori e persone si sovrappongono senza continuità di causa. Tre solitudini che si incontrano, tre fragilità poste in un dialogo immaginario ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Fino a non sapere più dove finisca il teatro e inizi la vita.
Nata dall’incontro tra l’attore e autore Andrea Trapani e la drammaturga e regista Francesca Macrì, la compagnia Biancofango sviluppa, nel corso di più di dieci anni d’attività, una ricerca nel segno della nuova drammaturgia e delle nuove forme di scrittura scenica. Da In punta di piedi a Porco mondo, il duo si è fatto conoscere per le sue fini capacità narrative e per aver trovato un punto d’equilibrio tra corpo e testo, tra scrittura e attorialità. Io non ho mani che mi accarezzino il viso (titolo che la compagnia ‘ruba con amore’ a una poesia di David Maria Turoldo e a una sequenza di fotografie di Mario Giacomelli, per definire una cornice, un perimetro più che un reale contenuto) nasce da una domanda posta ai due attori che abitano la scena (Aida Talliente e lo stesso Trapani): «Qual è il personaggio della letteratura teatrale la cui fragilità sembra riguardarti? Le cui parole potresti dire anche tu, in quanto persona e non in quanto attore?». Santa Giovanna dei Macelli di Brecht, Woyzeck di Büchner, Arkadina di ?echov, in risposta a questo iniziale quesito, animano uno spettacolo dal gusto pirandelliano in cui personaggi, attori e persone si sovrappongono senza continuità di causa. Tre solitudini che si incontrano, tre fragilità poste in un dialogo immaginario ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Fino a non sapere più dove finisca il teatro e inizi la vita.
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